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shirin fazel ramzanali

Sto preparando la cena e suona il telefono, rispondo. E’ la mia amica Halima.

“Ciao bella sideed tahay?
Bene, bene waan ladanahay, ee iska waran adigu?
Ahamdullilah, sto bene, siamo sempre di corsa.”
“Hai visto, qui si corre sempre non c è tempo per fare nulla di bello.
“I bambini come stanno?”
Alhamdullilah bene, ma c’è Fouzia con la tosse, è iniziato il freddo”
Aniga quando cambia la stagione ho il ginocchio che mi fa male, le medicine non servono a niente”
“Pazienza, cosa vuoi fare, se eravamo al caldo le ossa stavano bene e veniva voglia di uscire”
Haa se eravamo al caldo, ma con questo tempo non ti viene voglia di andare fuori, brutto waie
“Hai sentito tua mamma e Anab, come stanno?”
“Stanno bene, io voglio partire a maggio, per andare a trovarli ma il biglietto è così caro”
“Ma non mi hai detto che volevi far venire la mamma?”
“Non le danno il visto per l’Italia, vogliono che io vada in Etiopia all’ambasciata Italiana e con l’esame del DNA verificano se è veramente mia madre”
“Ma Halima, tu sei cittadina italiana, e ti trattano così?”
“Sì, ma a loro non gliene frega nulla, vedono la pelle nera, sono diventati delle carogne”
“Ma quanto costa questo test?”
“Cinquecento euro”
“Sono esagerati, quanti anni è che non vedi tua madre?”
“Sono … io sono venuta in Italia appena è scoppiata la guerra civile nel 1991..”
“Sono diciannove anni che non vedi tua madre”?
“Cosa posso fare? la mamma non voleva lasciare il paese, ma dopo la situazione è peggiorata, se tu sapessi!.. Hooyo si è presa uno shock quando ha visto un gatto che scappava tenendo in bocca la mano mutilata di una persona.
E’ allora che lei e mia sorella hanno lasciato Mogadiscio”
“Dai Halima, per fortuna che non sono in un campo profughi e che sei riuscita a mantenerli affittando una casa ad Addis Abeba”
“Sì, hai ragione, sapere la mia famiglia in un campo profughi… sarei morta di dolore.”
Inshallah Halima, presto vedrai la tua mamma!”
Inshallah! Sai lei ha visto i bambini solo nelle foto, e quando vado giù non li porto, ho paura di malattie, ci sono tante vaccinazioni da fare.”
“Cerchiamo di vederci per un bel pranzo, prima che parti”
“Per forza dobbiamo vederci, la partenza è così lontana, dai venite una domenica, vi preparo le sambusa
“Tu mi prendi sempre per la gola, le tue sambusa sono favolose, Salutami tutti a casa”.
“Anche tu salutami e bacia tutti a casa, venite vi aspetto.”
“Va bene waan ismaqli doonaa

Metto giù la cornetta del telefono, e penso alla situazione della mia amica, non è l’unica. Centinaia di persone fanno fatica a portare i propri genitori in Europa. La burocrazia non scherza e ogni giorno ne inventano una per rendere le cose più difficili.
Ho conosciuto in Kenya un giovane tedesco che era partito dal suo paese in bicicletta. Mi ha raccontato che ha dormito in villaggi remoti, nel suo sacco a pelo sotto le stelle. Molte volte ha condiviso pasti frugali con persone incontrate lungo il suo cammino. Gente ospitale, bambini curiosi, che gli hanno permesso di scattare molte foto. Negli hotel a cinque stelle proiettava le foto ai turisti europei, raccontando le sue avventure racimolando qualche dollaro per pagarsi il viaggio. La sua meta arrivare in Sud Africa, per poi tornare a casa. Era un insegnante che si era preso un anno di aspettativa.

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Anno 8, Numero 33
September 2011

 

 

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