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LETTERA DELL’ESULE (Saggio sull’integrazione)
da un cugino alla lontana, 1964 circa
Siamo in Louisiana adesso
a piantar soia per un aristocratico
dal cognome francese,
Prevert, mi pare; ma no,
non è quello che sembra dal nome,
piuttosto, uno stoico, tutto d’un pezzo,
un gaullista dichiarato
devoto a Madre Francia
che se ne intende, a sentir lui,
delle questioni razziali.
Peccato che sua moglie, incazzata
e in fin di vita per il cancro,
non gli ha dato figli,
punizione ingiusta
per un credente come lui.
Una fresca sera d’estate,
sul campo brulicante di mosche
comparve lei, mormorando
“I cani che stavano qui
sono svaniti nel nulla,
c’erano pointer e setter di valore,
tenuti bene e col pedigree.
Non posso credere che vi siate sbagliati
e li abbiate mangiati come fate coi vostri”.
La nonna le sfiorò il braccio.
“Diciamo le cose come stanno, Madame,
se ben ricorda, sono stati i vostri, di cani,
ad attraversare il recinto,
e a far festa con i nostri cavoli”.
La donna annuì e gridò,
“Ah, i miei bambini”,
quindi sparì nel tramonto,
con il pick-up ricolmo di foraggio.
“I moribondi non sono degli stupidi.
I fiori spuntano
anche sul cactus più rinsecchito
[prima che muoia.”
Fece la nonna, con lo sguardo fisso
verso l’ampia distesa coltivata.
La vita continua, Mei Ling,
Persino io mi son fatta più carina, credo,
un po’ come te,
ma più rotonda dove serve.
E dietro il recinto spinato
i ragazzi sono ancora lì, che guardano
i bianchi.
Poesia sull’identità (#99)
Sei il cielo – o l’allegoria della solitudine?
Sei l’unico ristorante cinese a Roseburg, Oregon?
Un’orfana di guerra mezzosangue – adottata da bravi cristiani?
Una bastardina infedele , un cremoso lattemacchiato?
Sei una sbiadita rubrica in vinile? Un polso
senza bracciale floreale? Sei un mazzo di gipsofila
capovolto su una strada adolescente in America?
Sei le cuffiette – staccate
Lasciate penzolare dalla presa sul volo per la diaspora?
Sei destinata a un’infanzia senza musica?
Stufa del malinconico erhu della nonna
che con l’unica corda frigna sul passato
Sei incitamento all’odio o una ninna nanna?
Aneddoti che necessitano di note esplicative
Una barzelletta etnica riciclata
Quanti cinesi ci vogliono – per montare
Quanti cinesi ci vogliono – per montare
Una lampadina?
Sei così povera da non poter chiamare tua madre?
Hai meno di due dollari nella scheda telefonica
E per il Nirvana il cavo è lungo
Sei il lucernario da cui la sguattera vede il cielo?
Il tagliere macchiato del sangue di diecimila innocenti
Che quella sguattera deve ripulire ogni giorno
L’esistenza vanifica l’essenza?
Non “essendo” io quel che furono i miei antenati
Di colpo ti sei fatta vegana!
Ristorante è un dato di fatto e
Levarsi dalle palle – è trascendenza
La barzelletta non finiva con “a incandescenza”?
Sangue dal naso è l’ultimo tenero ricordo che hai di lei?
Lui non ha forse detto niente cani e donne cinesi?
Sei una rosa – o un tatuaggio di fuoco?
Quella metà non c’è quasi più Quella metà non c’è quasi più, la metà cinese, la parte chiara della pesca, oscurata dal coltello del tempo, svanisce come un sole crudele. Al trentesimo anno d’età scrissi una lettera a mia madre. Avevo scordato il carattere per “amore”. Mi ricordo vagamente il radicale “cuore”. Gli antenati non smettono mai di ricordarti gli organi vitali e residuali da cui provengono le emozioni. Ma il resto sbiadisce. Un taglio netto a mezz’aria, ahi, ahi, ahi, ahi, più gemito che sospiro (e la fonetica non aiuta). certo che sei cinese! Madre irremovibile. Sei una cinese, no? Madre meno convinta. Non sei cinese? Madre arrendevole. Con la cataratta che le annebbia la vista, e la terza figlia che sposa un protestante della Virginia Occidentale che è “tanto bello e tanto gentile”. Il mistero rimane irrisolto – il paesaggio incombe sull’uomo. E il pescivendolo con la visiera calata– fischietta al suo cormorano. E la fanciulla dietro la tenda è la concubina di qualcuno. O forse solo la figlia cresciuta di Rose Wong che indaga l’abisso blu. Sei una cinese – disse mia madre che un tempo percorse le terre dei suoi defunti – Oggi, nel 36esimo anniversario della mia nascita, ho problemi perfino a scrivere i saluti iniziali.