El Ghibli - rivista online di letteratura della migrazione

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scrivere insieme-un esempio di amicizia

francesca medaglia

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Questo contributo è la redazione ampliata di un intervento tenuto nel corso del Seminario Doris (Reti letterarie. Forme e storie di sodalitas, Roma 4-5 luglio 2011).

Il romanzo Ghiacciofuoco, edito nel 2007, e composto a più mani da Laura Pariani e Nicola Lecca, costituisce un ottimo esempio di come l’amicizia tra scrittori possa influenzare la composizione di un’opera letteraria.
Infatti, nulla più della scrittura a quattro mani può servire a delineare le dinamiche e le modalità del confronto intellettuale tra autori: chi decide di scrivere a quattro mani intrattiene, in genere, rapporti di parentela, come nei casi di Jacob e Wilhelm Grimm e di Jules ed Edmond De Goncourt, o di amicizia molto stretta, come avviene per i Dieci,1 per Filippo Tommaso Martinetti ed Enif Robert, per José Duarte Ramalho Ortigão e José Maria Eça de Queiroz, solo per citarne alcuni, e, ovviamente, anche per Laura Pariani e Nicola Lecca.
Ed è proprio da queste consonanze che nascono i numerosi sodalizi letterari che sono la base della scrittura a quattro mani. Viene spontaneo, quindi, domandarsi come funzioni la scrittura a quattro mani e quali siano i meccanismi che la regolano. Molti studiosi hanno concentrato il loro interesse sulla teoria della morte autoriale che ad essa si connette, e sul superamento stesso della figura dell’autore2, ma nessuno ha tentato, fino ad ora, di dare una definizione precisa e fondata della scrittura a quattro mani, all’interno della quale il superamento dell’autore appare maggiormente evidente, né si è messo in risalto quanto una sodalitas possa essere essa stessa fonte di questo tipo di scrittura. Mi sembra, quindi, necessario tentare di dare una definizione di cosa si possa considerare scrittura a quattro mani: a mio parere, è proprio quella «collaborazione in cui l’autore risulta dal comune accordo di due scrittori» (Wellek e Warren 1991, 10), di cui parlavano Wellek e Warren nell’Introduzione della Teoria della letteratura a proposito della loro collaborazione.
Con l’analisi di un romanzo come Ghiacciofuoco, oltre a mettere in luce il rapporto d’amicizia tra scrittori, di cui è un chiaro esempio, è possibile affrontare la questione teorico-critica della scrittura a quattro mani, nonché permette di indagare anche il problema dagli autori migranti. Infatti, nelle opere scritte a quattro mani da un uomo e una donna, di cui esistono molti esempi3, la risposta alla questione della rintracciabilità autoriale (questione che è necessario porsi quando si affronta un testo scritto da due o più autori) è diversa rispetto ai testi di due scrittori dello stesso sesso. Infatti è molto più semplice rintracciare i due autori quando hanno sessi diversi: emergono dai modi di scrittura molto differenti o i due autori decidono programmaticamente e amichevolmente di dividere i capitoli scritti dall’uno e dall’altra: è proprio quest’ultimo il caso di L. Pariani e N. Lecca in Ghiacciofuoco. Al fine di avere una migliore comprensione delle tematiche appena accennate, è bene partire dalla biografia dei due autori in questione, che sono diversi per sesso, età ed estrazione sociale.

Nicola Lecca, nato a Cagliari nel 1976, è un appassionato viaggiatore e ha vissuto a lungo in Inghilterra, Svezia e Islanda. Ha pubblicato molti testi, di cui il primo è Concerti senza orchestra del 1995, seguito poi da Ritratto notturno e Ho visto tutto, editi rispettivamente nel 2000 e nel 2003. Il suo libro più famoso, Hotel Borg edito nel 2006, è risultato vincitore del Premio della Società Lucchese dei lettori ed è stato tradotto in sette paesi europei, fra i quali: Germania, Danimarca, Olanda e Islanda.
Nel 2000 Mario Rigoni Stern lo ha identificato come l’autore più promettente della sua generazione e lo ha premiato a San Pellegrino Terme. Per i suoi meriti artistici, Lecca è stato scelto per rappresentare l'Italia a bordo del Literaturexpress, un treno patrocinato dall'Unesco, che ha viaggiato, durante l’estate del 2000, da Lisbona a Mosca, con a bordo cento scrittori di quarantasei paesi diversi. Inoltre è stato invitato a prendere parte all’iniziativa (realizzata dalla Direzione Generale per la Promozione e Cooperazione Culturale del Ministero degli Affari Esteri, in collaborazione col P.E.N. Club) di pubblicare l’antologia Racconti senza dogana - Giovani scrittori per la nuova Europa.
Ha firmato oltre duecento articoli per le redazioni culturali di numerosi quotidiani e periodici: “L'Unità”, “La Stampa”, “Il Giornale” e “L'Unione Sarda”. Ha inoltre tenuto conferenze presso le Università e negli Istituti di Cultura di numerose città europee, fra cui: Lisbona, Roma, Londra, Berlino, Parigi, Madrid, Mosca, Varsavia, Lugano, Copenhagen, Reykjavík e Tallin. È stato anche inviato, per Radio Rai, in numerose città europee in qualità di critico musicale e ha scritto e condotto i programmi “Grand Hotel” e “Settimo Binario”. È stato poi ricevuto da diversi capi di Stato e di governo ed in particolare, nel luglio del 2000, ha tenuto un discorso presso il Parlamento Europeo.
Laura Pariani, laureata in Filosofia della Storia presso l’Università Statale di Milano, è nata a Busto Arsizio nel 1951. È cresciuta a Magnago e ha vissuto a Turbigo (MI), dove ha insegnato in una scuola superiore fino al 1998. Negli anni settanta ha disegnato e scritto storie a fumetti d’ispirazione femminista. Il suo esordio narrativo avviene nel 1993 con la raccolta di racconti Di corno o d’oro, con cui si aggiudica il Premio Grinzane Cavour e il Premio Piero Chiara. I suoi libri successivi, nel 1995 Il Pettine e La spada e la luna, ottengono un unanime consenso di critica ed importanti riconoscimenti. Ha collaborato alla sceneggiatura del film vincitore del Leone d'oro a Venezia 1998, Così ridevano di Gianni Amelio. Inoltre ha collaborato, nel corso del tempo, con vari giornali e riviste: “La Stampa”, “Avvenire”, “Il Corriere della Sera”, “Il Sole 24 Ore” e “Diario”, sul quale ha tenuto una rubrica dal titolo Che storie sono queste?. In seguito ha continuato a pubblicare molti libri, tradotti in varie lingue.

Laura Pariani, in quest’opera, è una scrittrice alla ricerca della propria identità attraverso il racconto delle storie di altre donne migranti. L’autrice, in ogni suo racconto, tiene sempre presente che la scrittura non è solo un luogo di finzione in cui è possibili essere felici, ma è soprattutto «esigenza morale di denunciare sulla pagina la verità dell’essere umano» (Di Benedetto 2006, 13). È per questo motivo che in Ghiacciofuoco non cessa mai di porre in luce i problemi che affligono i migranti, in special modo le donne, e che li condizionano nella creazione di una nuova vita nel mondo estraneo di cui cercano di entrare a far parte. Lei narra le vicende dei puaretti, come li chiama con un termine dialettale, che attraversano queste nuove realtà verso cui la loro esperienza di migranti li ha condotti: si passa dalle minime vite degli abitanti dimenticati della pianura di Busto Arsizio, dove lei è nata, alle storie di chi ormai vive nei paesaggi smarriti e malinconici dell’America Latina. Ed è proprio grazie alle vite dei suoi personaggi che la Pariani affronta il problema della ricerca dell’identità, tanto sentito da chi è stato costretto ad abbandonare la propria Madre Terra. La ricerca di una nuova identità, che sia ibrida e, quindi, ‘creola’ – l’unica forma identitaria, forse, davvero possibile da realizzare per un migrante – diventa da una parte memoria, conservazione delle proprie radici, dall’altra perdita di se stessi nell’altrove. Lei stessa, essendo una migrante, avverte questi problemi come urgenti ed immediati e, di conseguenza, li analizza nelle sue pagine, che sembrano avere per lei – ma anche per il lettore che la segue in questa esperiena – proprietà terapeutiche. Il suo punto di vista è sicuramente tutto femminile: nei suoi racconti le protagoniste indiscusse sono sempre le donne. Vi sono quelle che abbandonano l’Italia al seguito dei loro compagni di vita e quelle che rimangono ad attenderli, senza dimenticare le povere e numerose donne che sono costrette a sacrificare tutto di se stesse, compreso il loro corpo e la loro femminilità per mantenere i loro cari. I problemi di cui parla Laura Pariani sono quelli dell’attualità del mondo che ci circonda: la violenza fisica subita dalle donne in primis. È una violenza così profonda che arriva a desacralizzare il corpo, e ad essere la precisa rappresentazione di una più profonda violenza mentale operata da una società contemporanea deviata che costringe alla perdita di se stessi.
La lingua usata dalla Pariani nelle sue storie è una lingua-dialetto, che recupera i suoni del lombardo dei contadini, attraverso proverbi, cantilene, filastrocche. Il suo linguaggio è crudo e diretto, ed è proprio questo che gli permette di scarnificare la scrittura, puntellata di immagini e allegorie della migrazione. L’italiano della Pariani non è una lingua monolitica e fissa, bensì un ibrido in cui si alternano e si affiancano il dialetto e l’argentino, entrambi a rappresentare i mondi sovrapposti dell’autrice, che utilizzandoli riesce a cogliere e a rappresentare fino in fondo storie di sradicamento e di passioni mancate.
A L. Pariani fa da eco la voce di N. Lecca, che si rivolge anch’esso alle problematiche della letteratura della migrazione. Il suo sguardo, però, a differenza di quanto avviene per la Pariani, è prettamente maschile, pur riconoscendo e capendo le tematiche femminili. È lo sguardo di un giovane uomo che ha scelto di andare via da casa e di girare il mondo, di entrare in contatto da tutto ciò che è diverso da lui. Gli sguardi di entrambi questi autori confluiscono in Ghiacciofuoco, un romanzo che è stato possibile solo grazie alla profonda affinità spirituale e di problematiche tra i due autori. Proprio questo dato emerge da una risposta datami da L. Pariani il 10 dicembre 2008 (Medaglia 2009, 84-86) a una domanda presente nell’intervista da me condotta:

Come è nata questa idea così particolare, che si ritrova nel suo libro Ghiacciofuoco, di osservare personaggi simili inseriti in ambienti diversi e soprattutto visti da sguardi “di genere”?
L’idea è nata insieme con Nicola Lecca. Viviamo entrambi di viaggi, lui nel nord del mondo, io nel sud povero. Ci siamo spesso raccontati e sorpresi delle differenze degli ambienti che ci circondano. Abbiamo pensato che potevamo tentare di trasmettere questa esperienza ai nostri lettori.

La Pariani ribadiva (in un’altra mia intervista del 3 marzo 2011):

[il lavoro] me l’ha proposto lui, con una telefonata; io e lui siamo così diversi (età, ambiente, scelte di vita, sesso…) che l’idea di scrivere su uno stesso argomento (la figura femminile) era sicuramente qualcosa di spericolato. Ma, siccome le cose difficili e insolite mi piacciono, ho detto di sì. Conoscevo Nicola Lecca molto poco; l’ho conosciuto una sera a un premio letterario; entrambi non fummo vincitori e si creò una sorta di solidarietà tra sconfitti. Da quel momento cominciammo una corrispondenza via e-mail, perché normalmente ci trovavamo in parti del mondo opposte, io in Sud America e lui nel Nord Europa…A me l’esperienza è piaciuta, ma in genere i critici letterari guardarono il libro con molto sospetto: credo che sia un esperimento un po’ avanti per i tempi attuali, dove ciascuno è considerato solo se coltiva il proprio orticello.

Anche N. Lecca non dimentica durante un’altra intervista del 5 marzo 2011, sempre da me condotta, a proposito di Ghiacciofuoco, di parlare del rapporto di amicizia che intercorre tra lui e la Pariani e che, spesso, nelle opere a quattro mani viene adombrato inconsapevolmente:

Sincera amicizia con la Pariani. Desiderio di raccontare insieme l'opposta valenza dei nostri mondi (io il Nord del mondo, lei il Sud). Grande facilità nella realizzazione del progetto. Ognuno del resto ha scritto i propri testi: il fatto che si trovino nella stesso libro nasce dal desiderio di raffronto degli stessi e dal desiderio di valorizzare la potenza del loro contrasto…

La realizzazione di Ghiacciofuoco non sarebbe avvenuta se le strade di questi due autori della migrazione non si fossero mai incrociate e, per certi versi, sovrapposte. La carica innovativa del romanzo risiede proprio nel fatto che chi scrive sono due amici, di sesso differente, che abitano in nazioni lontane e, per certi versi, opposte. L’effetto straniante tipico del migrante in Ghiacciofuoco non può, quindi, non apparire come moltiplicato ed il tasso di ambiguità e di creolizzazione che lo permeano, diventano l’asse portante, ed in parte, il motivo di tutta l’opera: la diversità temporale, spaziale e di genere diviene struttura portante del testo.
Il romanzo è composto da sette capitoli ed in ognuno di essi si alternano una lettera di Lecca e una della Pariani. I due autori nelle loro lettere all’altro narrano ogni volta di una diversa e specifica tipologia femminile, prendendo come protagoniste donne che vivono in luoghi e contesti profondamenti differenti. Il racconto ad opera dei due scrittori si scandisce sui moduli della narrativa dialogica: un autore risponde all’altro, completando e trasformando il suo testo in un ininterrotto scambio di focalizzazione. Le donne di cui si tratta diventano un unico oggetto narrativo che si lascia trasformare e modellare dall’alternanza delle differenti prospettive autoriali. È chiaro che ciò può avvenire solo se i due scrittori sono legati da una profonda amicizia, altrimenti entrerebbero in gioco delle dinamiche di possesso e di rivalsa, che non consentirebbero di portare a termine un tipo di lavoro del genere. Quest’opera non è, quindi, solo rappresentazione di un unico self autoriale, ma si avvicina all’idea che di letteratura ha espresso I. Calvino nella conclusione dell’ultima lezione americana, Molteplicità (Calvino 1993, 121-122):

più l’opera tende alla moltiplicazione dei possibili più si allontana da quell’unicum che è il self di chi scrive […] magari fosse possibile un’opera concepita al di fuori del self, un’opera che ci permettesse d’uscire dalla prospettiva limitata d’un io individuale […] (121).

Due amici, due autori fusi in unico self, dai luoghi profondamente distanti nei quali vivono, in un’alternanza continua di buio e luce, che sta a sottolineare la distanza geografica, oltre che mentale, tratteggiano sette storie che hanno per protagoniste sette figure di donna che racconteranno due volte: la madre, la moglie, l’analista, la vecchia, la maestra, la prostituta e la viaggiatrice.
Nicola Lecca scrive una e-mail a Laura Pariani da Reykjavík, in uno scenario completamente invernale, fatto di buio e temperature bassissime, mentre la Pariani risponde da una Buenos Aires, colorata e piena di calore, in un’estate sfiancata dall’umidità e dal caldo.
I due scrittori scelgono come protagoniste donne, che per un motivo o per un altro, sentono vicine e reali: sono le donne del mondo in cui vivono e nel quale sono immersi. La prima storia narrata è quella della giovane Quiquita, una madre che rifiuta suo figlio perché lo percepisce unicamente come un peso. Quiquita è stata abbandonata da Manuel, il padre del bambino, appena ha saputo di essere rimasta incinta e per mantenere quella piccola vita è costretta a prostituirsi giorno dopo giorno. Tutto viene reso più difficile per la giovane protagonista dal fatto che suo figlio ha una somiglianza fisica con il padre davvero impressionante: è come se Quiquita fosse intrappolata nel ricordo di una vita felice che poteva e desiderava avere con il suo compagno, ma che un piccolo essere con le sue stesse fattezze le ha strappato. Guardare il figlio ogni giorno prima di andare a vendere il suo corpo, non le permette di dimenticare l’uomo che le ha strappato il suo essere donna. La figura di madre raccontata da Lecca è quella di Silla, una ragazza che vive a Reykjavík, Silla è talmente promiscua nella sua ardente e giovane sessualità da non sapere neanche chi è il padre della creatura che porta in grembo. Ma questa giovane donna, al contrario di quella raccontata dalla Pariani, è attesa da un destino diverso: rifiuta l’aborto e bisbigliando «con una certa solennità annuncia: Se è femmina la tengo» (Pariani e Lecca 2007, 30).
Due donne Quiquita e Silla diverse eppure complementari. Sono storie di madri le loro non proprio “tradizionali” ed ordinarie. Quiquita è costretta a prostituirsi per mantenere il figlio che odia, mentre Silla spera che la piccola creatura che porta in grembo sia una femmina, per non dover essere responsabile di aver dato la vita all’ennesimo uomo che abbandonerà e farà soffrire una donna. Le due protagoniste sono donne diverse e simili allo stesso tempo: entrambi ugualmente fragili e ugualmente forti che si rifugiano nel territorio della memoria e pagano un prezzo alto per la troppa passione. Entrambi i loro uomini, d’altro canto, sono dipinti come meschini ed infantili, incapaci di assumersi anche la più ovvia responsabilità.
La Moglie, il secondo racconto di L. Pariani, ha per protagoniste Juliana e Berta, entrambe compagne di vita dello stesso uomo, Firmino. Se Berta è la moglie abbandonata nel 1947, quando Firmino decide di andare in America, Juliana è la donna che Firmino ha conosciuto a Mendoza nel 1948. In realtà, solo nel 1990, alla morte di Firmino per un tumore al fegato, le due donne vengono a conoscenza della doppia vita dell’uomo con il quale e per il quale hanno vissuto. L. Pariani guarda quest’uomo attraverso gli occhi di entrambe le donne, svelandoci il loro dolore e le loro reazioni. Le due donne reagiscono alla stesso, come sono uguali i nomi dei loro tre figli.
Il racconto La Moglie di Lecca ha per protagonista una ragazza di diciannove anni, che è emigrata da Kaliningrad, in Polonia, a Visby, nell’isola di Gotland, dove si è sposata con Tobbe. Attraverso le lettere che la giovane scrive a sua madre, rimasta a Kaliningrad, vediamo affiorare la sua storia e la impariamo a conoscere: è lei stessa a descriversi, a descrivere il suo dolore di emigrante priva dei suoi affetti e dello spaesamento che prova in quel nuovo mondo che non le appartiene. Una madre e una figlia che hanno compiuto due scelte diverse e che ora, in un modo o nell’altro, ne pagano il prezzo: la solitudine di chi è partito è la stessa di chi è stato abbandonato nella Madre Terra.
Il doppio racconto serve a rendere evidente il sistema di scrittura usato dai due autori: stesso schema ripetuto per le figure rimanenti.
Entrambi gli autori ci forniscono, durante tutto il dipanarsi del racconto, le chiavi di lettura per cogliere le differenti caratteristiche che li identificano, presenti nonostante il loro stretto rapporto d’amicizia. Lecca è un uomo, che si trova in un luogo freddo e invernale, quasi ovattato ed irreale; la Pariani è una donna, che vive in un luogo caldo ed estivo, in cui le temperature sono altissime. In Ghiacciofuoco sono il sole e la luna ad incontrarsi e scontrarsi. Le loro differenti caratteristiche temporali, spaziali e di genere sono, infatti, continuamente messe in luce anche da un abile uso delle gamme coloristiche. Lecca tratteggia le sue figure femminili con i colori freddi, come il blu, il nero, il grigio e più raramente l’azzurro; la Pariani, invece, alterna il rosso, il giallo e l’oro, colori decisamenti più caldi.
L’uso di colori così diversi non è assolutamente casuale e diventa sintomatico della scelta spaziale dei due autori: Lecca appartiene al Nord, mentre la Pariani al Sud del mondo.
Il progetto di scrittura dei due autori, fortemente innovativo, propone un’esperienza inedita e stimolante: il racconto, animato da nuovi stilemi narrativi, viene intimamente contaminato dalla continua dialettica dei narratori, che si rincorrono nell’opera attraverso focalizzazioni multiple. Da tutto questo nascono le figure di donna che si stagliano nel libro, e ad ognuna delle quali appartiene una serie di problematiche proprie del migrante. Un testo, quindi, che rientra prepotentemente a far parte di una prospettiva di genere, dove il concetto stesso di genere si trova debitore di «una concezione più ampia secondo la quale lo stesso pensiero deriva dal linguaggio (nel quale sono poste le differenze in base al genere ‘maschile’ e ‘femminile’) e ne è condizionato» (Montepaone 2006, 112). Prova evidente che «I protagonisti di una civiltà letteraria, anche i più originali, non vivono mai nella proverbiale torre d’avorio. Sono […] sodali nella lotta per una certa idea di letteratura e magari di società» (Luzzatto e Pedullà 2010, XXIII).
L’amicizia, la sodalitas, hanno condotto alla scrittura e alla pubblicazione di questo romanzo, che, come già sottolineato, si pone come fortemente innovativo in quanto permette di affrontare varie questioni: quella di genere, quella dell’esperienza migrante e, prima fra tutte, quella della scrittura a quattro mani che nasce dalla simpatia, intesa nel significato etimologico del termine, tra due scrittori di diverso sesso, età e provenienza.
Alla luce di quanto fin ora affermato Ghiacciofuoco non può non riportare alla mente un breve e significativo brano contenuto in Narciso e Boccadoro di H. Hesse:

Non è il nostro compito quello di avvicinarci, così come s’avvicinano il sole e la luna, o il mare e la terra. Noi due, caro amico, siamo il sole e la luna, siamo il mare e la terra. La nostra mèta non è di trasformarci l’uno nell’altro, ma di conoscerci l’un l’altro, d’imparar a vedere ed a rispettare nell’altro ciò ch’egli è: il nostro opposto e il nostro complemento (432).

Conoscere l’altro, avvicinarci a lui, come hanno fatto di due autori di questo romanzo, può permetterci di uscire da noi stessi: e cosa meglio di una profonda amicizia può permettere di riuscirci?

1 L’elenco completo dei Dieci comprende: A. Beltramelli, M. Bontempelli, L. D’Ambra, A. De Stefani, F. T. Marinetti, F. M. Martini, G. Milanesi, A. Varaldo, C.G. Viola e L. Zuccoli.
2 Tra gli altri: Barthes 1988; Foucault 1971 e Benedetti 1999.
3 Cfr. Marinetti e Robert 1919; Pavese e Garufi 1959; Sjöwall e Wahlöö 2007; Casati Modignani 1981, solo per citarne alcuni. Per una bibliografia esaustiva rimando al mio lavoro di ricerca per la tesi di dottorato (Dottorato in Italianistica presso l’Università di Roma “La Sapienza”- a.a. 2012-2013), La scrittura a quattro mani.

Bibliografia

Barthes, R. (1988) La morte dell’autore, trad. it. B. Bellotto in Id., Il brusio della lingua, Torino, Einaudi, pp. 51-57.
Benedetti, C. (1999) L’ombra lunga dell’autore. Indagine su una figura cancellata, Milano, Feltrinelli.
Calvino, I. (1993) Lezioni americane, Milano, Mondadori.
Casati Modignani, S. (1981) Anna dagli occhi verdi, Milano, Sperling & Kupfer.
Di Benedetto, A. (2006) L’uomo del silenzio, Milano, BUR.
Foucault, M. (1971) Che cos’è un autore?, in Id., Scritti letterari, Milano, Feltrinelli, pp. 1-21.
Hesse, H. (1989) Narciso e Boccadoro, Milano, Mondadori.
Luzzatto, S. e Pedullà, G. (a cura di) (2010) Dalle origini al Rinascimento, Vol. I, Torino, Einaudi.
Marinetti, F. T. e Robert, E. (1919) Un ventre di donna: romanzo chirurgico, Milano, Facchi.
Medaglia, F. (2009) Donne migranti: scrittura al femminile, tesi non pubblicata, a.a. 2008-2009, Università di Roma "La Sapienza".
Montepaone, C. (2006) Tra antico e moderno: il laboratorio ‘Antigone’, in «Atene e Roma», N. S., LI, 2-3, pp. 109-113.
Pariani, L. e Lecca, N. (2007) Ghiacciofuoco, Venezia, Marsilio.
Pavese, C. e Garufi, B. (1959) Fuoco grande, Torino, Einaudi.
Sjöwall, M. e Wahlöö, P. F. (2007) Il poliziotto che ride, Palermo, Sellerio.
Wellek, R. e Warren, A. (1991) Teoria della letteratura, Bologna, Il Mulino.

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Anno 10, Numero 42
December 2013

 

 

 

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