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bruce hunter: la ricostruzione in poesia di frantumi di vita e di storia

angela caputo

Bruce Hunter, un’identità letteraria poliedrica, frutto dell’incontro tra molteplici richiami storici misti a un interesse tangibile per la quotidianità, secondo una prospettiva didattica volta all’osservazione puntuale. Attraverso innumerevoli apparizioni antologiche di poesia e anche di prosa, l’autore canadese intende ricercare gli indizi e riunire i tasselli di esperienze presenti e passate in frantumi. Simili ricordi di vita e di storia altrui vengono resi sulla pagina mediante una voce sommessa, proiettata alla valorizzazione, pur nella concisione di una rappresentazione scritturale che non manca mai di essere attenta alla frammentarietà più profonda, insita in quelle stesse schegge di memoria. Bruce Hunter ripercorre, in tal senso, il vissuto di studenti provenienti da lontano, ne comprende e si sforza di restituirne la differente mentalità o attitudine psicologica dinanzi a specifiche condizioni, per mezzo di brevi ma intensi accenni di maestria poetica. Il lettore si misura con sentimenti, angosce, rimorsi, rimpianti propri a una gioventù di cui il poeta si trova a essere custode disarmato e interprete sapiente. Le emozioni dei discenti si caricano di un’impronta riflessiva estremamente concreta che non esita a indugiare sulla durezza delle realtà d’origine oggetto di raffigurazione, veicolando allo stesso tempo un crudo simbolismo chiarificatore di quelle situazioni. Nell’immagine di tre candelotti di dinamite, si riassume, per esempio, l’idea dell’irrompere della guerra civile a El Salvador; l’obiettivo è tale da portare all’attenzione il punto di vista di un ragazzo che riesce a individuare solo nella fuga in Canada una possibile risoluzione alla drammaticità di questo stato di cose, mettendo comunque in conto il difficile adattamento alla nuova dimensione. Nel ruolo di osservatore, Bruce Hunter lascia altri alunni fare appello con fermezza a valori di condivisione, nonostante il dolore patito per la perdita dei compagni, piegati sotto la macina dei conflitti e della persecuzione. La pagina scritta diviene allora il punto di convergenza privilegiato tra un messaggio di speranza e un velo di sofferta constatazione. Lo scavo poetico procede con tatto in un ammasso di frantumi per riportare alla luce e conferire dignità letteraria anche a episodi di efficace definizione identitaria. Un’altra tra i suoi allievi chiede che la si chiami Lisa invece che Leong Heu: espediente mirato all’espressione profonda di un bisogno di integrazione con i compagni. Nella candida bellezza del nuovo paese, l’immagine della neve che si posa sul terreno, per la prima volta ammirata con entusiasmo dalla giovane, viene restituita attraverso un paragone poeticamente concepito con una coltre di stelle bianche. La riflessione dell’autore si perpetua pacata al di là dei confini nazionali per accogliere le sensazioni e i ragionamenti di ragazzi che erano stati diretti testimoni di un passato non troppo remoto. È questo il caso del giovane cronista Dan, le cui parole riportate alludono alla protesta di piazza Tienanmen nell’aprile del 1989, in quanto movimento reazionario contro la repressione culturale perpetrata dal regime cinese. L’essenzialità dei particolari introdotti e la modalità di narrazione degli stessi rispecchiano una sensibile accuratezza descrittiva circa il manifestarsi di impulsi di rinuncia alle personali inclinazioni in tale preciso contesto. Una cifra stilistica, quella del poeta, capace di riflettere nella sua incisività, a volte lessicalmente spezzata, un condensato di frammenti emotivamente rilevanti, in virtù del loro stesso essere lo specchio di vite deviate per motivazioni diverse. L’ opera di Bruce Hunter rappresenta l’edificio di una storia canadese permeata dalla variabilità delle sue componenti più distanti o più attuali. L’analisi poetica muove tacita dai resti di un presente composito a quelli di un passato nazionale non esente da spargimento di sangue o contrasti bellici. L’autore punta così a ricostruire, ricorrendo alla medesima sintesi espressiva, i cocci di un mondo che è stato anch’esso terreno di contrasti a livello sociale e politico. Proprio perché definito da The London Free Press uno dei grandi cronisti dei lavoratori del Canada, risulta chiara la volontà dello scrittore di riferirsi alle lotte dei minatori che persero la vita a Nainamo. Nel 1858 e nel 1913 le insurrezioni non si conclusero se non in un bagno di sangue cui si aggiunsero le vittime di altri moti di protesta, come quelli messi in atto da panettieri, maniscalchi, braccianti a Winnipeg e Regina rispettivamente nel 1919 e nel 1935. Importante, inoltre, la testimonianza in poesia della tendenza anni addietro a imprigionare con maggiore facilità cittadini canadesi di origine giapponese a causa dell’imperversare di alcuni movimenti razzisti. Le parole di Bruce Hunter come una pioggia di proiettili si spingono fino ai tempi più recenti: precisamente fino a Ipperwash dove nel 1995, a causa della contesa di un territorio indigeno, si verificarono una trentina di arresti seguiti dalla morte di Dudley George, uno tra i tanti innocenti insorti, eredi delle prime tribù autoctone, denominate in loco “prime Nazioni”. L’autore non si impegna soltanto a far riemergere abbozzi di storia, in un tentativo di riedificazione di tempi ormai andati, segnati a ogni modo da violenza e ribellione; egli vuole innanzitutto sanare il legame tra i morti e i vivi con le cui vicissitudini interagisce di frequente grazie alla sua professione. Il lettore si confronta, infatti, con una personalità multiforme, capace di farsi attraversare da quei movimenti continui nel tempo e nello spazio, intrisi di afflizione come di desiderio di riconciliazione. Il poeta si mette, dunque, in ascolto delle minime percezioni sensoriali che, assumendo una sorta di corporeità naturale, si propagano nella dimensione del sogno letterario, dischiuso gradualmente come una foglia, in un atto di accoglienza, orientato verso un futuro di fratellanza e armonia. Le fondamenta della realtà, rappresentata nei suoi dettagli più semplici, sono scardinate dall’innocente saggezza di uno sguardo benevolo in grado di ricomporle nell’impeto di una visione di speranza: è così che un vecchio sole riesce a far capolino fra densi ammassi di nubi, tra i quali gli aquiloni d’aprile si muovono, accompagnandosi al cruccio degli angeli. L’impresa di Bruce Hunter procede, in tal modo, nella ricostituzione di un’identità canadese eterogenea, esplorata attraverso l’energia poetica di uno spirito d’indagine edificante.

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Anno 10, Numero 42
December 2013

 

 

 

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