El Ghibli - rivista online di letteratura della migrazione

piccolo, rosso e altri racconti - božidar stanišić

raffaele taddeo

Piccolo, rosso e altri racconti - Božidar Stanišić
Cosmo Iannone - 2012
pp. 146, 12 €

La cifra poetica di Božidar Stanišić è il passato, anzi la memoria del passato. “Chi è che parla a questo non-russo, non-italiano- non jugoslavo, invalido senza una gamba, che vorrebbe chiedere allo sconosciuto se allora non esiste neppure la malattia che ha un nome terribilmente semplice memoria? I ricordi son uguali ai disagi. Pocemu vspominat? (perché ricordarsene?). E’ una malattia che ha colpito anche Ivan Nikolajevič, proprio nella città che è di conforto per molti al mondo”.  IL ratto con cui Nikolajevič,   discute, conversa, è la metafora della stessa memoria che rode dentro ciascuno; un ratto che ha paura della propria ombra perché del passato e della sua proiezione c’è da aver paura. La rappresentazione della memoria con quella del ratto è estremamente efficace ma nel medesimo tempo simbolica, perché ci si vorrebbe fare a meno del ratto, ma questo ritorna sempre e più insistente di prima; il ratto si nasconde, si rintana e rispunta quando meno te lo aspetti e nel frattempo ha rosicchiato. Così avviene nell’uomo: il passato si nasconde, ma rosicchia e quando riappare rimane evidente lo scavo operato sulla personalità.  Accanto al tema della memoria  immediatamente emerge anche un altro tema di fondo: la perdita dell’identità, non tanto la assunzione di più identità, che diventa impossibile perché per assumere una pluriidentità vi è la necessità di riconoscere il passato come fatto positivo atto alla costruzione e coedificazione della identità multipla.  D’altra parte l’ossessione della memoria se può essere di insegnamento, di monito a non ripetere gli stessi errori, difficilmente fa assumere il compito della proposizione, della costruzione.  Il passato, la memoria della assurdità di quello che è avvenuto nella ex Iugoslavia – “ che ci è mai successo” - e di cui ancora oggi non ci si riesce a trovare una logica, una ragione, è al centro di ogni narrazione di Božidar Stanišić, almeno di questa raccolta. Anche quando il tema avrebbe potuto andare oltre la memoria  solidificata ed analizzare i rapporti di strapotere e di indifferenza delle persone abbienti, lo scrittore di origine bosniaco  inserisce una parte narrativa che tratta delle conseguenza che la guerra civile nel paese balcanico ha apportato, e così  in Luli è presente una prima parte in cui si descrive l’incontro con un suo amico che ora a Milano non può fare a meno di lavorare con fretta, oltre l’impossibile, forse per non avere tempo e forza per ricordare e così dimenticare o assopire quello che è avvenuto, perché è insopportabile  anche la riflessione.  Gli effetti della guerra civile che ha convinto non pochi a lasciare la terra di nascita anche per non compromettersi in una lotta che non capivano e non comprendevano vengono denunciati  in quasi ogni racconto per diventare tema strutturale nell’ultima narrazione Piccolo, rosso, che dà il titolo alla raccolta. Gli effetti della diaspora portano alla distruzione della famiglia, perché il protagonista Petronvič,   vede prima allontanarsi Igor, il figlio maggiore,  mentre la moglie ormai è continuamente dietro a Igor nella falsa speranza  di poterlo recuperare,   successivamente anche la figlia  è “rubata”,  succube di un imbonitore di letteratura auditiva.

L’altro tema che è costante ed è conseguente al primo e quello della stranierità, della difficoltà comunque di fare della terra d’accoglienza una seconda patria e dei suoi abitanti una nuova comunità. “Quando diventiamo stranieri? Noi per gli altri, gli altri per noi, e non solo per la lingua, le credenze religiose o per le diverse abitudini?” Non c’è una risposta  univoca a ciò ma l’allontanamento dal proprio territorio cuce addosso l’abito della stranierità, ma è la memoria del passato che fa da corazza e rende impermeabile l’io così che ogni ibridazione diventa impossibile. L’amico che trova nella metropolitana a Milano nel racconto Luli è uno sradicato, il prof.  Petronvič,, nonostante gli anni trascorsi negli USA è poco inserito nella comunità.

Un terzo tema sembra svilupparsi ed emergere in almeno due racconti, ma è alla base dell’impossibilità per i protagonisti di questi racconti di inserirsi, di integrarsi, brutto termine ma che prelude a sentire di riappartenere ad una comunità, ad un territorio, alle vicende di una storia di uomini e donne che lavorano, soffrono e muoiono. L’Occidente, con la sua opulenza, con la sua superficialità, con l’attenzione alla materialità è visto con estremo sospetto dallo scrittore italo-bosniaco. All’Occidente è contrapposto un vicino oriente, in cui ancora vigono valori di indipendenza e libertà così come è descritto nel già citato racconto Luli.   

Sul piano della scrittura la struttura narrativa di Božidar Stanišić è ampia. Ciascuno dei racconti potrebbe essere un incipiente romanzo se non fosse che si descrive, solitamente, un solo  o  pochi personaggi, ed inoltre la struttura narrativa ( il plot) è poco articolata perché si preferisce procedere ad individuare la psicologia dei personaggi per gradi, per sovrapposizione di fatti.  La caratteristica dei personaggi viene man mano svelata  e non è data immediatamente.  Lontano da ogni minimalismo e dal fascino del racconto breve lo scrittore di origine bosniaca costruire i racconti con articolazioni e componenti che ne fanno architetture solide e affascinanti.

11 gennaio 2013

 

  

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