La molteplicità della realtà, la sua multiforme manifestazione, l’impossibilità di capirne il senso ultimo e la marginalità della posizione dell’io, le infinite manifestazioni dell’essere sono la cifra poetica più significativa di Carlos Sáncez. Già nell’autoritratto, come un manifesto del sentire poetico, afferma: “La tua precarietà/ che Caravaggio/ avrebbe messo/ in una zona del quadro/ senza luce/…”. Nella esistenza degli esseri l’io non può che essere qualcosa di precario e di poco significativo e non solo perché il singolo uomo è una particella infinitesimale dell’universo (sembra ricordare Leopardi della Ginestra che richiamava l’uomo alla sua piccolezza e nullità di fronte alla straordinaria grandezza dell’universo) ma anche perché nulla o quasi rimane stabile e fermo e tutto si trasforma. Ma questa poesia ci fornisce anche altre informazioni sul suo essere poeta, che ha dubbi, è carico di malinconia, di astrattezza di pensiero e tuttavia possiede un tocco di stravaganza.
Ma è densa di significato anche la poesia che fa da introduzione “Con tutta la voce che ho”, una sorta di poetica. L’oggetto della poesia sembra essere tutta la gamma di incertezze, errori che costruiscono e hanno costruito la persona del poeta, ma poi anche l’amore, il disordine della vita, ma diventa importante specialmente il tono del fare poesia; come nell’autoritratto, in cui il poeta dice di trovarsi in una zona scura, anche in questa il poeta canta “zitto zitto”.
E tuttavia, pur nella oscurità del silenzio, fra le tantissime cose il poeta si sente quasi investito da una missione divina, che lo rende dimentico di ogni altra cosa. “Non so perché/ tra tante cose inutili/ dio/-se è vero che esiste-/ mi ha condannato/ a scrivere poesie”.
Alcune tematiche, in questo turbinio di esperienze, di fatti, di oggetti, insomma della molteplicità della realtà, si evidenziano, intanto quella dell’amore che accompagna il poeta e non lo abbandona mai: “L’amore deambula con piena gioventù/ perfino in questa vita adulta./ Andrà sicuramente/ a portare fiori sulla mia tomba.” L’amore per il poeta ha la capacità di assorbire le energie, di convogliare tutte le forze di una persona andando al di là di ogni altra emozione: “Con tante cose che succedono nel mondo/…/i massacri/ le gabbie delle grandi città/ la precarietà della libertà/ di tutte le libertà/ mi sono svegliato oggi pensando a te/ e ho girato per la casa/ per il paese/ per il bar/…/pensando a te/ con tutte le cose che succedono al mondo.”
Un altro tema che serpeggia per tutta la silloge è riferita al viaggio, all’impossibilità di arrivare ad un punto stabile definito. Già lo stesso titolo dell’intera raccolta di poesie Tutto scorre come un fiume delinea e indica il tema forse fondamentale e centrale del sentire poetico di Carlos Sánchez e tuttavia il fluire, l’andare, il viaggiare diventano aspetti ontologici della esperienza e vita di un uomo. “Nel viaggio stava l’avventura/ ed in me/ il desiderio di arrivare./Non sapevo allora/ che il destino finale/ non importava/…/il viaggio era tutto./ Il viaggio è tutto”. Sono tante le poesie che esprimono il procedere dell’uomo senza sapere la fine della sua meta, ignorando dove il tutto si conclude. L’incertezza del procedere, la nebulosità del destino finale non porta a una disperazione, perché il procedere, il viaggio si accompagna sempre ad un sogno che non si realizzerà, ma che rimane connaturato allo stesso andare. Il sogno alimenta il viaggio, che a sua volta sostiene il sogno.
La molteplicità della realtà, la impossibilità di decifrarne il senso e significato sono anche al centro di due poesie dove si mette a fuoco il valore della parola come fonte di conoscenza e libertà e dall’altra della impossibilità di una certezza di significato delle parole stesse. La parola che offre la conoscenza e riscatto al singolo rischia di non essere una fonte di comunicazione con il pericolo che poi si rimanga isolati senza possibilità di certezza d’intesa. “Che cosa pretendevi di costruire/ in quell’enunciato mi dico/a quale certezza ti riferivi/ in mezzo a tanta mancanza di certezze/…Sanguino dagli occhi senza parole/ sanguino dalle mani senza parole”.
La poesia di Carlos Sánchez si snoda sempre con irruenza e come un torrente da cui è difficile non essere trascinati per le sue acque impetuose ma ricche di sensi metaforici.
16-marzo 2013