El Ghibli - rivista online di letteratura della migrazione

narrazioni contese - chiara mengozzi

raffaele taddeo

Narrazioni contese - Chiara Mengozzi
Carocci - 2013
pp. 213, 22 €

Un’altra giovane studiosa,  dopo Silvia Camilotti e Rosanna Morace, ha affrontato i gli aspetti relativi alla Letteratura della migrazione e alle sue problematiche. Il testo è uscito già nell’aprile del 2013, ma solo recentemente ne sono venuto a conoscenza.  Diviso essenzialmente in tre parti, la prima più di sapore introduttivo, la seconda intitolata “Teorie” e la terza “percorsi di lettura”.

In “teorie” si mettono a fuoco la genesi della LdM e le varie denominazioni sorte e succedutesi   nel tempo specificandone le origini letterarie e/o filosofiche di ciascuna di esse. La studiosa analizza la denominazione fatta  dalla professoressa Parati  che nel 1995 l’aveva denominata “Letteratura italofona”, poi quella voluta dal prof. Gnisci che nel ‘98 aveva chiamato l’insieme degli scritti di questa nicchia letteraria   “Letteratura italiana della migrazione”, per passare successivamente alla denominazione di “Letteratura minore”, di derivazione filosofica. Un’ attenzione particolare riserva alla denominazione di “Letteratura postcoloniale” per cui si avrebbe una estensione della particolarità dei testi scritti da autori provenienti dal Corno d’Africa a tutta la produzione di scrittori di origine straniera che hanno scelto di esprimersi in italiano. La preferenza della giovane studiosa sarebbe quella di “scritture italiane della migrazione”, denominazione proposta a Bologna in un convegno del 2010 dal prof. Pezzarossa, il quale è anche iniziatore della rivista “scritture migranti”, edite dall’Università di Bologna. Un breve capitolo riserva alla possibilità di denominare  tutto il fenomeno come “Letteratura Mondo”, facendo ascendere il nome   da concezioni elaborate da Edoard Glissant. Correttamente questa ipotesi viene scartata nel momento in cui  si avrebbe la “Letteratura mondo” quasi per un’azione educativa come sostiene Gnisci, secondo cui la Letteratura della migrazione sarebbe un’occasione  per una “mondializzazione” reciproca, viene mondializzata  “la mente italiana e la letteratura italiana”  e dall’altra gli scrittori migranti “accettano di educarsi letterariamente”. Ma neppure può pensarsi ad una Letteratura mondo solo ed in virtù di traduzioni o circolazioni anche perché come correttamente osserva Chiara Mengozzi “La Letteratura mondiale è lontana dall’essere un pacifico convivio delle differenze” e “ le opere non attraversano i confini e non accedono alla traduzione in uno spazio omogeneo retto da rapporti di equità”. La studiosa fa derivare il problema di una Letteratura mondiale da quanto già preconizzava Goethe all’inizio del 1800.  Viene anche messo tra parentesi la possibilità di denominare gli scritti di stranieri in Italia “Letteratura dell’impegno”, quasi a rinverdire i momenti del “neorealismo”  e di  letterati “engage”.

In “percorsi di lettura” Chiara Mengozzi    mette in risalto alcuni aspetti relativi agli scritti a “quattro mani” come comunemente si dice, fatto che si è evoluto nella pluriscrittura di un testo come è il caso di “Amiri”,  e quindi il problema della autorialità, che nacque subito spinoso con i testi “Immigrato” e “Volevo diventare bianca”.  Poi analizza il senso delle autobiografie e la narrazione del sé che va da una possibilità di liberazione ad una rinnovata normatività conferita dalla scrittura, infine si prende in esame il problema del nome straniero che viene espropriato,  rappresenta una stigmatizzazione, ma a volta viene rivendicato e riappropriato.

La prima impressione che si ha dalla lettura di questo testo, pur ampio e scientificamente ben costruito, è che siamo ancora di fronte ad un testo per lo più a carattere sociologico e/o di teoria della Letteratura. Non viene mai presa in esame la qualità letteraria di un testo, anzi l’insistenza con cui i testi autobiografici vengono detti “recits de vie”, sta a testimoniarne la sottovalutazione estetica. Nessuno si porrebbe a classificare “On the road” come un “recits de vie”. Anche molti testi di finzione vengono in qualche modo sussunti a testi in parte autobiografici e quindi appartenenti al genere di “recits de vie”, come se ogni testo letterario non contenga in sé elementi di autobiografismo. Non si fa così giustizia agli autori delle cosiddette  “scritture migranti”, che non amano essere presi in esame per quanto di autobiografia ci sia in loro, me per la qualità letteraria dei loro testi. Dopo vent’anni ritornare sulla scrittura a quattro mani, sull’autobiografismo o racconti di vita lascia ancora perplessi, si rende ancora più alto lo steccato che si vorrebbe assottigliare fra Letteratura della migrazione e Letteratura italiana.

Per quanto attiene alla denominazione: per quale ragione non è stata presa in esame quella di “Letteratura nascente”, forse perché non è circolata in ambito accademico? Siamo ancora ad uno iato fra società e mondo accademico, come se proprio con le “scritture migranti” un ruolo importante di diffusione e stimolazione non sia stato fatto dal mondo non accademico. Anche la funzione dell’associazione Eks&tra è stata presa molto poco in considerazione, mentre tale associazione è stata un volano fondamentale  a metà degli anni ’90 per la crescita e sviluppo delle “scritture migranti”. Un esame più attento, poi,  andava riservato all’analisi della denominazione non tanto di Letteratura mondiale, ma letteratura-mondo ascendente a Glissant, perché pur prendendo le mosse da Goethe, il problema della Letteratura mondo si pone sotto due punti di vista: a) il superamento delle Letterature nazionali; b) i contenuti dei testi letterari che possono dirsi Letteratura-mondo. Anche se questi due aspetti sono interconnessi perché sono proprio i contenuti che determinano la disappartenenza ad una Letteratura prettamente nazionale possono tuttavia essere analizzati anche separatamente. Di fondamentale importanza mi pare il problema della deterritorializzazione, che non viene per nulla preso in esame da Chiara Mengozzi e che è il filo rosso presente in quasi tutte le opere delle “scritture migranti”.

Gennaio 2014

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